Comunicare con le bufale: Ikea e il bungee jumping senza fili

Ikea wireless bungee jumpingDue giorni fa, il canale YouTube di Ikea Belgio ha pubblicato un video: il primo bungee jumping senza fili. Il video racconta una storia simile a quella di molte altre trovate pubblicitarie: scienziati e ingegneri alla ricerca della combinazione perfetta, un team di esperti di magneti al lavoro, la ricerca del bungee jumper professionista, i dubbi e i tormenti dello sportivo che deve affrontare questa nuova terribile prova, un bel po’ di pathos e, alla fine, il salto perfettamente riuscito.

La bufala si svela come tale prima della fine del racconto: mentre lo spettatore si chiede come faranno gli operatori a recuperare il jumper, che penzola lassù nell’aria senza cavi di sicurezza, il video annuncia: il bungee jumping senza fili non esiste ancora. Magari ci sarà tra un po’. Quello che c’è già, qui e ora, è la fantastica offerta Ikea di carica batteria wireless.

Messaggio ricevuto con successo! Il fake è riuscito nel suo scopo di trasmetterci, in modo creativo, un’informazione pubblicitaria.


In tanti altri casi in cui l’advertising ha utilizzato messaggi falsi per far passare un messaggio, la bufala è stata svelata dai pubblicitari con qualche giorno di ritardo. Pensiamo al caso dell’hamburgheria gourmet, aperta in corso Como e poi “firmata” da McDonald’s Italia davanti a stupefatti avventori. Oppure si è lasciato che fosse il pubblico dibattito – sui social network, ovviamente – a smascherare la falsità. È andata così nel celebre caso del Tuo Ex-Marito, trovata di Real Time per lanciare una nuova serie tv.

Lettera dell'ex marito: una trovata pubblicitaria
Tornando al bungee jumping, va segnalato come l’idea di Ikea non sia la prima di questo genere. Già un altro brand aveva comunicato un lancio di prodotto “cavalcando” la fantomatica notizia di un bungee jumping senza cavi di sicurezza. Naturalmente, anche in quel caso, si trattava di wireless, per la precisione di un ferro da stiro di Tefal senza il filo di alimentazione elettrica. Realizzazione diversa, ma idea assolutamente identica!

Tefal bungee jumping

 

La comunicazione americana di Fiat… colpisce ancora

Fiat 500L Backseat ItaliansL’azienda sarà in crisi in Italia (e in Europa), ma l’avventura americana di Fiat ha alcuni aspetti decisamente affascinanti. Tra questi c’è la comunicazione pubblicitaria.

Nelle ultime creazioni per Fiat 500 e – ultimissima – Fiat 500L, i creativi chiamati in causa sono quasi sempre riusciti a trovare il giusto mix tra valorizzazione dell’italianità e dello stile italiano, umorismo, scherzo e caricatura dell’essere italiani, senza mai scadere nel cattivo gusto. Le auto potranno essere apprezzate o no (“awful car awesome commercial” scrive un utente su YouTube commentando il video Backseat Italians per la 500L); ma la comunicazione funziona!

Guardando tutti questi video, escluso forse solo il piuttosto banale Test Track della 500E, non vi viene da pensare che Fiat stia facendo un po’ di buona pubblicità anche all’Italia?

Backseat Italians – 2013 (con Funny or Die)

Italian invasion – 2013

Test Track Fiat 500E 2012

Immigrants – 2012

 

Lavarsi le mani fa la differenza

help every child celebrate their 5th birthdayTra le varie campagne “sociali” portate avanti dai brand di Unilever in giro per il mondo, ce n’è una – quella del sapone Lifebuoy – che promuove da anni l’abitudine di lavarsi le mani.

Che un marchio produttore di sapone inviti a lavarsi le mani è un fatto logico! Eppure, la campagna di Lifebuoy è una vera campagna sociale. Buona parte del budget di comunicazione è infatti rivolta a iniziative di sensibilizzazione e promozione in paesi in via di sviluppo, laddove una buona abitudine può davvero fare la differenza. Nascono così campagne come quella per il Global Handwashing Day oppure azioni non convenzionali come il messaggio sul pane, in occasione del Kumbh Mela 2013 in India). L’impegno dichiarato di Lifebuoy è adesso quello di combattere la mortalità infantile. Una cattiva abitudine quale quella di non lavare le mani prima di mangiare contribuisce alla diffusione di gravi malattie che troppo spesso colpiscono i più piccoli. Lifebuoy vuole, con le sue campagne e le sue iniziative sociali, aumentare sempre di più il numero di bambini che superano il quinto anno d’età.

Decisamente efficace per questo obiettivo è questa mini-storia in video, il più classico dei branded content, da veicolare sul web solo con una piccola spinta pubblicitaria, lasciando che poi arrivi da solo a registrare milioni di views. Non è uno spot né è un vero e proprio film. Unisce però leggerezza nella narrazione e importanza del messaggio. E coglie nel segno.

Quante macchine della felicità!

Guardando i video della nuova campagna Unicredit su YouTube non può non venire in mente quanto sia stato “saccheggiato” negli ultimi tempi, dai pubblicitari di tutto il mondo, il tema dei dispensatori di felicità. In principio fu Coca-Cola e le sue Happiness Machine. Poi, tanti altri…

Storia di un meme: “Ecco cosa ha fatto Hollande”

La lista delle mirabolanti imprese di François Hollande in appena 56 giorni di governo è in questi giorni rilanciata da migliaia di blog, twitter e soprattutto, manco a dirlo, bacheche Facebook.
Ecco cosa ha fatto Hollande” è un tipico meme, una di quelle idee o stili, che si diffondono, grazie alla parola scritta, in maniera veloce e inesorabile. I meme del web sono vignette, barzellette, espressioni tipiche, motti… e naturalmente si propagano alla velocità della luce, rilanciati dai media sociali.

Da una veloce ricerca, scopriamo che “Ecco cosa ha fatto Hollande” nasce sul blog di Sergio Di Cori Modigliani l’11 luglio 2012. Il blog si presenta come una raccolta di liberi pensieri senza legami ideologici, senza affiliazioni partitiche, senza dipendenze economiche da presupposti committenti e finanziatori più o meno occulti. Si proclama anche indipendente e collegato a gruppi di bloggers internazionali operativi in California e Sud America. L’indeterminatezza di questi collegamenti è anche l’attacco principale a cui viene sottoposto il post su Hollande. Quali sono le fonti di così importanti notizie? Da dove arrivano i dati? Le risposte date nei commenti al post sono abbastanza evasive: è tutto in rete; altri paladini dell’informazione indipendente hanno già detto tutto.

Tralasciando il giudizio sulla bontà del blog post, vediamo come questo si è diffuso. I contenuti e il modo con cui venivano presentati erano una ghiotta occasione per un copia e incolla che avrebbe “stupito gli amici”. Il 13 luglio è stato il giorno della grande diffusione su TumblrGianluca Visconti; poi Emmanuel Negro; batchiara; Roi; devitalizartfiorello76; orsatti63. Dal 14 in poi, grande eco su Twitter, con Luca Telese che retwitta una sua follower, raggiungendo subito grandi platee (58 retweet totali). A quel punto, il meme è pronto per i milioni di utenti: Leonardo Coen sul suo blog si lancia anche lui in un inspiegabile e acritico copia e incolla; comincia la diffusione su Facebook, su bacheche illustri e non; e, udite udite, oggi il listone dei miracoli finisce sul sito web di GQ!

Social Mention screen

Le riflessioni da fare sarebbero tante: sull’attendibilità delle fonti; sulla capacità del web di dare enorme risalto a determinate informazioni senza che necessariamente queste siano reali o verificate; sulla dinamiche dei social media e sul potere degli influencer.

Per il momento, limitiamoci a studiare questi fenomeni: questo ci aiuterà a capirli meglio e a sviluppare il nostro senso critico.

Per la cronaca, una fonte certa ci dice che la popolarità di Hollande a luglio è calata di 5 punti percentuali. Non per questo lo giudicheremo dopo 56 giorni.

Aggiornamento 19 luglio 2012

Il listone dei miracoli di “Ecco cosa ha fatto Hollande” si è ormai affermato come una bufala, mentre l’autore originario (sempre che sia proprio lui) – inondato di proteste sul suo blog – promette di dire la sua a breve. Coen ha modificato testo e senso del suo blog post su Repubblica senza colpo ferire; salvo poi precisare – di nuovo, in seguito alle accese rimostranze dei lettori – in apertura del pezzo il perché e il per come era caduto nel “tranello” e aveva poi preso atto dello scenario mutato.
“Ecco cosa ha fatto…” diventa allora barzelletta e parodia, come si prova a fare sul blog cerebrolesTo. E naturalmente ispira scherzi e vignette, come questa che segue. Lunga vita al meme!

Cosa ha fatto Hollande ... parodia Batman e Robin

Il prodotto perfetto per il boyfriend perfetto

Axe è un brand che ha una lunga storia di pubblicità originali e “virali”. Il tema della comunicazione è sempre stato quello dell’uomo cacciatore e seduttore e degli effetti incredibili (the Axe effect) che i prodotti suscitavano sulle donne e sui loro desideri. Adesso, l’approccio è diverso. Ecco qui una serie di spot che dipingono e celebrano – con mooolta ironia – lo stereotipo del perfetto boyfriend, delle peripezie che deve superare per rendere felice la sua donna, e dell’aiuto che può venirgli dai prodotti Axe.

visto su Adverblog

La conquista dello spazio

Pubblicitari, bontemponi, scienziati, ricercatori, marketers. Tutti hanno lavorato all’idea di lanciare oggetti nello spazio, riprendere la Terra dall’alto, raggiungere le vette più alte con qualcosa di “prodotto” da noi (semplici) esseri umani. Ecco una breve cronistoria. Dove anche LiveXtention ha un ruolo significativo.

2006 NearSys 06E, by Near Space

2007 Flying cell phone video, by eriedawg

2008 Fly a phone, by LiveXtention

2009 Near Space Pictures Camera, by pacitaHH

2010 The earth seen from space with balloon – iPhone – cam (HD 720p), by 666yoma666

2010 Flying iPhone 4, by Freddiew

2010 The Toshiba Space Chair Project, by Toshiba

2011 Project Space Planes, by Samsung

Potenza della pubblicità nell’era di internet

Succede che un formaggio egiziano faccia una serie riuscitissima di spot. Succede che gli spot trasformino in icona l’animale che al formaggio dà il nome. Succede che la bellezza e la semplicità dei filmati li trasformino in hit planetarie, dopo che peraltro anche il Festival della Pubblicità di Cannes ne aveva riconosciuto il valore creativo.

E allora, perché non lanciare il Panda Cheese anche in Europa e in America? La pubblicità c’è; e il media è gratis.

Still with us? Gli scherzi di Heineken colpiscono ancora

L’eco dello scherzo “virale” architettato da Heineken in occasione di Real Madrid – Milan dello scorso ottobre ha ormai varcato i confini e gli Oceani. In questi giorni siti e blog americani e non solo sono tornati a narrare la storia dei malcapitati sottratti a un emozionante match di Champions League per assistere a un…imperdibile concerto.

Eccone alcuni:

Heineken Shows How Guerrilla Marketing Is Done

Heineken Scores a Web Hit

…con passaggi significativi quali:

On Tuesdays and Wednesdays, anyone with humanity, a pulse, and functional eyes, ears, and cerebellum watches Champions League soccer.

I know that not everyone has yet been converted to this phenomenon. Equally, this being a World Cup year, I feel sure that the beauty of the world’s most popular game will continue to seep into resistant pores.

In Italy, despite the fact that they play a brand of soccer that makes the dead grateful, there is no one left to persuade. Which is why this stunning, brilliant, original, inspired guerrilla marketing should make you look at most tech advertising and shed tears into your beer.

Probabilmente, questa iniziativa di Heineken riuscirà a guadagnarsi i premi e i riconoscimenti internazionali che merita. Lo scherzo non è peraltro l’UNICO scherzo (vedere ad esempio quello qui riportato da studenti.it); e “Still with us?” è un tema ricorrente e ben declinato in tutta la comunicazione Heineken degli ultimi mesi.

Una ragione in più per rallegrarsi del successo di “Champions League Match vs Classical Concert”.

Alle radici dello “sharing”

Il New York Times ha reso noti i risultati di uno studio dell’Università della Pennsylvania, denominato “Social Transmission and Viral Culture“. Lo studio ha indagato la lista dei più condivisi (ovvero inviati via email) articoli pubblicati sull’edizione online del quotidiano. Alcuni dei risultati non sorprendono, dal momento che evidenziano l’alta probabilità di “sharing” registrata da temi positivi e emozionanti rispetto a contenuti a sfondo critico o negativo. Sorprende invece il successo di alcune materie particolari, come le Scienze; e, in un certo senso, sorprende anche il fatto che articoli lunghi abbiano maggiori possibilità di essere condivisi rispetto ad articoli brevi.

I ricercatori hanno riassunto queste tendenze con l’affermazione che il contenuto destinato alla condivisione è quello che ispira “awe“. Il termine inglese non è facilmente traducibile, anche se un aiuto viene dalla definizione estesa “an emotion of self-transcendence, a feeling of admiration and elevation in the face of something greater than the self.”: una storia grande, importante, che forza a vedere le cose da un punto di vista diverso e magari a pensare il mondo in maniera differente è quella che colpisce di più, genera rispetto e ammirazione per il contenuto (e per l’autore) e induce immediatamente alla condivisione.

Il tema dello “sharing” è analizzato in profondità anche da Online Media Gazette, in particolare in due post recenti “Analysis of Knowlege Sharing” e “The Correlation Between Influence And Knowledge Sharing“.Omgaz (insieme gli studi che cita), a differenza dei ricercatori della Pennsylvania, indaga in maggiore profondità “le ragioni dello sharing” dal punto di vista di chi decide di condividere, più che del contenuto ad alta probabilità di condivisione.

La ricetta giusta per creare contenuto virale sta nell’analisi di entrambi i fronti di analisi: un contenuto che spiazza, sorprende, genera stupore e rispetto; un contenuto che stimola e strizza l’occhio alle ragioni profonde per cui un utente condivide con altri utenti.