Torna in Italia SMX. LiveXtension c’è

Parte oggi, 13 novembre e prosegue domani, presso il MiCo – fieramilanocity, SMX Milan, la 2 giorni internazionale di marketing digitale: vedrà oltre 50 relatori e più di 25 sessioni interattive.

SMX Milan - LX

Dopo il grande successo della prima edizione italiana, tenutasi a novembre 2013, con oltre 800 partecipanti, torna a Milano il “Search & Social Media Marketing Expo”, uno degli appuntamenti di marketing più importanti ed attesi. 2 giornate, oltre 50 speakers, 25 track sessions, un ricco programma di workshop di formazione e aggiornamento professionale condotti in contemporanea in 3 sessioni parallele.

Sono previste sessioni plenarie con keynote speakers di primaria importanza internazionale, appuntamenti esclusivi di networking – e momenti dedicati al business presso gli spazi espositivi.

Tra i relatori che parteciperanno a SMX Milano, figurano alcuni dei massimi esperti di marketing italiani ed internazionali. Tra loro, da segnalare: Shel Holtz della Holtz Communication+Technology, Frank Fuchs, della Microsoft, Johannes Müller di Google, Susan Geraeds, di Booking.com, Eric Sylvers, del The Wall Street Journal, Ryan Wall di Idea Evolver. Chairman delle due giornate sarà di nuovo, come per l’edizione 2013, Sean Carlos, Consulente e Docente internazionale di Search Marketing.

I contenuti dell’evento sono curati e selezionati da esperti di riferimento del marketing internazionale quali Danny Sullivan e Chris Sherman, founder ed editor di Smx, nonché di testate come Marketing Land e Search Engine Land. La selezione di temi e relatori avviene tradizionalmente attraverso una Call for Session e una Call for Speakers e che porta a scegliere solo gli esperti – italiani ed internazionali – più autorevoli e prestigiosi, per esperienza di settore riconosciuta sul campo. Livextension partecipa anche quest’anno con un suo intervento alla sessione su “Paid Social Media Opportunities, in programma questo pomeriggio alle 15. L’intervento sarà pubblicato su questo blog.

Tra i temi affrontati a SMX, il web marketing, i social media, il mobile marketing, il search engine marketing, il web analytics, il search engine advertising, l’ecommerce ed in generale i trends più attuali ed emergenti nel digital marketing.

Durante le varie sessioni, verrà fornito un servizio di traduzione simultanea dall’Inglese; sarà inoltre possibile interagire con relatori ed ospiti perché, secondo il principio ispiratore del format americano, gli speaker dovranno rimanere in sala anche dopo l’intervento, proprio per agevolare il dialogo diretto ed il networking con i partecipanti.

L’evento è organizzato in Italia da Business International – Fiera Milano Media SpA, in collaborazione con Third Door Media – azienda statunitense ideatrice del format – e grazie al supporto di sponsor tra cui: Bruce Clay, BitBang, Chef, Seo Cube, Webranking, White Rabbit.

Google+ “socializza” e personalizza Google Search

Qualche mese dopo il lancio di Google+, qualcosa si muove. Il social network di Mountain View aveva suscitato entusiasmi al suo lancio, poi delusione per l’impossibilità di affrontare la sfida impari con il gigante Facebook. Le poche feature innovative, legate in particolare all’immediatezza delle cerchie (gruppi in cui includere i contatti gestendo in modo semplice gradi differenziati di condivisione), non riuscivano a tenere il passo con le novità introdotte di continuo dal social network di Zuckerberg, né con la potenza del social graph di Facebook.

Qualcuno ha rappresentato la situazione con ironia…

Non ci si poteva aspettare che l’introduzione delle brand page cambiasse le carte in tavola. Povere di funzionalità e possibilità di personalizzazione, queste non sono state capaci di dare alle aziende sufficienti motivi per provarle con convinzione. LiveXtension c’è. E c’è anche il nostro cliente Sorgenia, per cui LX ha provato a giocare con l’unico elemento disponibile: le immagini (anche gif animate) da inserire nell’anteprima.

Molti però avevano da subito intuito che le potenzialità di Google+ stessero soprattutto nell’integrazione con gli altri prodotti Google: YouTube (oggi da una pagina neanche si possono richiamare i video di un canale!), Picasa, e soprattutto i risultati del motore di ricerca.

Finalmente, Google ha annunciato che ci siamo: la Search diventa personale e (veramente) sociale. Integra i contenuti di Google+, “capisce” le relazioni tra te e i tuoi amici, per presentarti contenuti rilevanti rispetto ai tuoi interessi e quelli delle tue cerchie.

Qualcosa di importante sta probabilmente accadendo. È il caso, anche per tutti i comunicatori di marca, di osservarlo con attenzione.

Ottimizzazione o truffa? J.C. Penney e il suo posizionamento su Google

La Search Engine Optimization è una delle discipline “tipiche” del web. Dal momento che Google è la principale fonte di traffico di quasi tutti i siti, è importantissimo per i siti garantirsi di essere trovati in relazione a ricerche con determinate parole chiave. Questo si ottiene attraverso una serie di tecniche, che vanno dall’organizzazione dei contenuti del sito, al codice html presente nelle pagine, al traffico del sito e (naturalmente) alla pertinenza tra contenuti e oggetto della ricerca. Altro aspetto importantissimo è la popolarità di un sito, che Google misura in particolare contando il numero di altri siti che linkano a quello “listato” nei risultati di ricerca.

Gestire e ottimizzare la popolarità di un sito porta gli “ottimizzatori” a cercare tutti i modi possibili di creare pagine – o addirittura siti – zeppi di parole chiave, che linkano al sito da ottimizzare.

Questa pratica è considerata piuttosto di confine tra quelle ammesse e considerate etiche. Google, tra l’altro, ha di frequente punito gli ottimizzatori che abusavano di queste pratiche, visto che andavano a “drogare” abusivamente i risultati naturali delle ricerche.

Ebbene, proprio in relazione al tema della popolarità relativa a determinate parole chiave, le strategie di SEO di una famosa azienda americana, J.C. Penney, sono finite al centro di un acceso dibattito in seguito di un articolo (nientemeno) del New York Times.

Il dibattito, in breve:

  1. Il NYT accusa – attraverso le informazioni di un’azienda specializzata in SEO – JCP di pratiche scorrette, che hanno assicurato al sito di primeggiare per le ricerche per svariati prodotti di abbigliamento, proprio nella stagione “calda” dell’e-commerce. Finché si trova J.C. Penney in testa per gli skinny jeans, ok. Ma se la si trova prima – davanti a samsonite.com – anche per Samsonite carry on luggage allora c’è qualcosa che non va.
  2. JCP risponde negando con forza le accuse e ironizzando sul fatto che il NYT abbia chiesto informazioni all’azienda concorrente dei consulenti SEO di JCP. Se il sito di J.C. Penney è al top è perché merita di esserlo!
  3. Il dibattito all’interno delle aziende specializzate in SEO si accende immediatamente: Search Discovery scrive un post sull’importanza di un ethical SEO e gli “ottimizzatori” iniziano a dibattere su cosa sia lecito e cosa no; su cosa i clienti tollerino e cosa no; su cosa Google ammette e cosa invece punisce.

La domanda da porsi a questo punto è: il fine giustifica i mezzi e rende tutto lecito? Probabilmente sì… finché l’arbitro non inizia ad arbitrare sul serio. E l’arbitro è naturalmente Google.

AdWords compie 10 anni e ti manda sulla Luna

Ecco un frame del video, dedicato al cliente di LiveXtention (e di Google, naturalmente) Sorgenia.

Il video personalizzato per i clienti è legato a un mini-sito, ovvero un canale su YouTube. Il canale ripercorre la storia e i successi di AdWords attraverso le storie, in video, dei suoi clienti in ogni angolo del globo.

L’idea di ringraziare i clienti mettendo il loro nome “in alto”, addirittura sulla Luna, è bella e corretta. Probabilmente, il video pomposo e articolato in cui si narra la storia surreale di come il team di AdWords abbia lavorato a tutti i modi possibili di ringraziare i suoi clienti, fino di arrivare alla soluzione finale (che, peraltro, più che la Luna è il ringraziamento finale del team), non è quello che ci si aspetterebbe da Google, in particolare per un prodotto come AdWords. Questa è una mega-produzione con tanto di effetti speciali che – diciamolo pure – non si sposa granché con l’essenzialità e l’efficacia chirurgica (low cost, high results) di uno strumento come AdWords.

Povero brand… anche su Google

Google ha da qualche settimana annunciato – e prontamente messo in atto – la fine del programma di brand protection sul motore di ricerca. Adesso, anche nei paesi europei, è possibile ciò che si poteva fare qualche anno fa e che si continua a fare in diversi luoghi del mondo: comprare le keyword della concorrenza. Naturalmente, lo staff che segue il Search Engine Marketing di diversi marchi si è già messo all’opera. E così può già capitare di trovare annunci sponsorizzati dei concorrenti diretti delle marche che cerchiamo su Google.

Cosa succederà? Assisteremo a una lotta senza quartiere delle aziende l’una contro l’altra alla ricerca del bid migliore? Oppure ad accordi sotto banco per impegnarsi a non invadere il territorio altrui? Si accettano scommesse.

Trovare lavoro con… Google Ad Words

Se quello che racconta questo video è vero, un grande applauso al protagonista della storia! Dato l’egocentrismo tipico dei grandi pubblicitari, la case history potrebbe essere reale.

Se anche le cose non sono andate esattamente così, il video ci riassume una strategia di comunicazione di se stessi corretta, pertinente e creativa. Se qualcuno vuole provarci, non gli costerà molto.

La augmented reality arriva sui telefonini 3g

Layar si è presentato al mercato come first mobile Augmented Reality browser. Il video di demo lascia presagire sviluppi sorprendenti per questa tecnologia, che porta la augmented reality sul telefonino.  Oltre alle case in vendita, ai bar e ai ristoranti, sono già annunciati per luglio i risultati di Google Local Search e i tweet, laddove tweetati naturalmente. Per il resto, spazio all’immaginazione. Il successo di Layar starà nella quantità di contenuti che riuscirà ad integrare e nei modelli di business che gli utenti stessi potranno inventarsi.


Google vs Microsoft: la battaglia del 2009

Sembra che Google e Microsoft siano pronte a scontrarsi ancora. Il campo di battaglia è di nuovo la ricerca. Non è detto però che alla mossa di Microsoft di investire le sue risorse in questo settore corrisponda un’analoga mossa di Google, ovvero un ulteriore potenziamento del suo algoritmo e delle sua funzionalità per la ricerca.

Qualche settimana fa, wired.com ha aperto il dibattito con una recensione severa, ma tutto sommato positiva di Bing, il nuovo motore di ricerca annunciato da Redmond.

Un motore di ricerca, si dice, potente preciso e dettagliato nel fornire informazioni quali: il miglior ristorante in una data area geografica.

Google non risponde a Microsoft sullo stesso terreno. Annuncia infatti Google Wave, già presentato come la nuova era del content sharing, visto che mette insieme instant messaging, twit e social network vari, lista contatti, email: insomma una wave (un’onda) di contenuti gestiti dagli utenti con tutte le funzionalità collaborative più avanzate.

Competitive analysis: la rete è una miniera di strumenti

Negli ultimi anni, si stanno multiplicando in rete tool e servizi gratuiti per la comparazione dei siti, la misurazione del traffico e della popolarità in rete. Gli strumenti disponibili sono così tanti, che gli analisti finiscono con l’utilizzarli tutti o quasi, riportandoli a indici complessivi oppure attribuendo a ciascuno delle capacità specifiche di sintesi.
Lo scenario fino a 1 anno fa era riassumibile così:

  • Deep within a site behavior (if over five million unique visitors a month) = comScore.
  • Deep search and clickstream (non free) = HitWise.
  • Free clickstream metrics (plus paid pro version) = Alexa, Compete.
  • Free clickstream and search metrics (not expansive) = Google.

(fonte Occam’s Razor by Avinash Kaushik)


A metà 2008, la grande novità è stata rappresentata dal lancio di Google Trends for Websites

  • Google Trends non è più solo uno strumento per confrontare i “search volumes” relativi a determinate parole chiave, ma diventa un potente motore di comparazione tra siti, con dati di audience e informazioni di intelligence quali i siti correlati “also visited” e le parole chiave correlate “also searched for”

trends_for_websites

Also visited
Siti affini a quello che sto analizzando ovvero i primi 10 siti (in ordine di importanza) facenti parte della stessa area tematica del sito in questione

Also searched for
Le altre parole chiave usate dagli utenti che visitano quel sito

Ma come fa Google ad avere dati non più solo relativi alle ricerche (il “vecchio” Google Trends) ma anche rispetto all’audience dei siti? Quali sono le fonti di Google Trends for Websites?
Ecco la risposta di Google stessa.

Trends for Websites combines information from a variety of sources, such as aggregated Google search data, aggregated opt-in anonymous Google Analytics data, opt-in consumer panel data, and other third-party market research. The data is aggregated over millions of users, powered by computer algorithms, and doesn’t contain personally identifiable information. Additionally, Google Trends for Websites only shows results for sites that receive a significant amount of traffic, and enforces minimum thresholds for inclusion in the tool.
(fonte http://www.google.com/intl/en/trends/websites/help/index.html)


Come stanno reagendo gli altri motori di competitive intelligence?

Tutti stanno potenziando i servizi offerti ed è presumibile che aumenterà la specializzazione di ciascuno del dare dati precisi rispetto a un parametro preciso.
Ad esempio: Backlink Watch, che misura i backlink dagli altri siti verso il nostro oggetto di analisi.
Lo “storico” Alexa, intanto, con la sua classifica mondiale dei siti, ha di recente integrato addirittura una fotografia socio-demografica delle audience (con validità dei dati tutta da dimostrare).

Ritornando invece a Google, un’altra grande novità è rappresentata dal lancio di Google Ad Planner, un sistema al servizio dei pianificatori, in cui Google dà informazioni qualitative e quantitative sui siti propri, dei concorrenti, di editori e terze parti dove pianificare pubblicità. Leggendo sul blog di Google AdWords, sembra che le altre aziende che offrivano informazioni su profilazioni e audience dei siti web debbano seriamente iniziare a preoccuparsi.

While Google Trends for Websites, announced last week, is designed for all users, Google Ad Planner is designed with media planners in mind. Using Google Ad Planner, you can quickly create media plans and export to a .csv file, which can be opened in most spreadsheet applications. Or, you can export to DoubleClick’s MediaVisor, which helps you manage all your other media planning, buying and campaign management activities.
(Google AdWords blog)

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